domenica 24 agosto 2014

RECENSIONE Senza Candeggio n62: "QUESTE STANZE VUOTE" Massimiliano Maestrello




Titolo: “Queste Stanze Vuote”
Autore: Massimiliano Maestrello
Edito: La Gru
Numero pagine: 215
Mese: Giugno 2014
Motivo che mi ha spinto alla lettura: questioni d’affetto.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Quando il mio amico Mona mi ha detto Va’ che è uscito il mio libro sono stata felice per lui, come quasi ce l’avessi fatta anch’io.
Ma avevo paura a leggerlo nonostante conoscessi le sue capacità e la passione che anima la sua penna.
Dare un giudizio obiettivo a un amico è sempre difficile, ovvio non lo è quando il rapporto è costruito su un allegro mandarsi a fare in culo senza paura di piegare qualche equilibrio.

Avevo voglia di leggerlo “Queste Stanze Vuote” ma non volevo allo stesso tempo essere di parte, che se c’è un qualcosa su cui vale la pena contare è la sincerità.

Prima di avere tra le mani il suo libro, avevo deciso che per essere il più neutrale possibile, avrei adottato un metodo.
Avrei preso altri due libri dalla mia libreria, libri dello stessa grandezza e possibilmente della stessa struttura grafica, li avrei rivestiti tutti –compreso quello del Mona- con della carta da giornale e solo poi, avrei cominciato a leggerlo scegliendone uno a caso, senza sapere quale fosse il suo ma sapendo che prima o poi, avrei cominciato a leggerlo.

Ma alla fine ho pensato che insomma, ho più di 30 anni e ‘sti escamotage non servono a nulla, che tutto sommato mi piace assumermi le mie responsabilità, ma soprattutto, la voglia di cominciare a leggerlo era di gran lunga superiore a quella di darmi al decupage.

Per cui è successo questo.
Una sera ho lavorato fino a tardi, una doccia veloce e poi via che la cosa più piacevole che possiamo concederci in queste sere, in cui l estate non s azzarda ancora a soffocarti col suo caldo ma il freddo ha smesso di mordere, è stare un po' d
i tempo con gli amici.
Sono uscita con loro e ho comprato un libro, questo libro.
Sono tornata a casa per quella che per il mio orologio biologico era ora tarda, ma non ho resistito.
Prima di chiudere gli occhi ho dovuto cominciare a leggerlo, per piacere mica per obbligo.
Almeno il primo racconto su sette, mi sono detta.

Sapevo già cosa m’aspettava, e ne ho avuto la conferma: uno scrittore capace di trasformare ogni singola parola in immagine, in grado di far partire una storia in una maniera facendola capitolare in un’altra. L'abilità di tenerti incollata fino all’ultima riga, la smorfia di un sorriso intrappolata tra la risata e il dubbio.
Nel giro di pochi giorni l’ho divorato.
Queste Stanze Vuote” l’ho letto in qualsiasi ritaglio di tempo possibile,
E’ bello quando ti ritrovi ad affrontare quel genere di libri da cui non riesci a staccare gli occhi, così come è bello leggere un racconto, buttarsi per strada e avere la sensazione di riviverlo, come se quelle parole non fossero solo scritte, ma come se parlassero attraverso le esperienze che ci sfilano sotto il naso tutti i giorni.

La peculiarità, la cosa che personalmente m’ha fatto più impazzire di “Queste Stanze Vuote” è stato il doppio uso degli intenti a cui ha ricorso Maestrello.
O almeno, io l ho interpretato così, sebbene lo stile pulito dello scrittore non ti chieda lo sforzo di farlo.
Sono i personaggi che ti chiedono di prestar loro questo genere d’attenzione.
I protagonisti urlano un urlo soffocato in questi racconti: ecco quindi che ad esempio un braccio comincia a prendere la forma e lo scopo di chi se lo porta in giro, oppure una ragazza che odia la matematica basa le proprie decisioni attraverso dei calcoli e all’occasionale comparsa dei numeri pari o dei numeri dispari, e poi ancora l’orgoglio, la violenza che scatena la violenza e lascia in bocca solo il gusto della ruggine, le case che si trasformano seguendo l’inadeguatezza di uno sto d’animo, un marocchino che forse è una mosca, il rimbalzare di un pallone che segue il ritmo di un ossessione molto più fragile e profonda.

Io, che il Max lo conosco di persona, posso dirvi che a vederlo con tutta quella barba lì che si porta in giro, magari mai lo direste.
Ma basta leggere il suo libro per capire che dietro a tutto quel pelo, si nasconde una grande  sensibilità, l’educazione nel rapportarsi con la gente, l’attenzione e il rispetto necessario a non ferire la stessa sensibilità degli altri non ponendosi mai al di sopra delle parti, l’umiltà atipica dello scrittore emergente capace di farsi in disparte e di trasmettere il tutto nei suoi stessi personaggi.
Personaggi mai presuntuosi, mai sfacciati, che si presentano a noi in punta di piedi lasciando comunque l’impronta del loro passaggio da qualche parte sulla nostra pelle, proprio là dove nasce la pelle d’oca.


 Potrei dire d essere orgogliosa d avere un amico così, e lo dirò, ma non voglio sembrare di parte.

Per questo concludo dicendo che dopo aver letto questo libro, ho fatto una cosa che non mi succedeva da tempo.
L’ho chiuso e ho cominciato a leggerlo un’altra volta.
Una conclusione che forse, potrebbe bastare.



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